Le logiche antispam di GMail e Outlook
Nell’ecosistema della posta elettronica il concetto di blacklist rappresenta un filtro di base. Si tratta di database, pubblici o privati, che catalogano indirizzi IP e domini riconosciuti come fonti di spam. L’inserimento in una di queste liste avviene tipicamente a seguito di un’alta frequenza di reclami da parte degli utenti, l’invio a trappole per spam (honeypot) o una configurazione carente dei protocolli di autenticazione email (SPF, DKIM, DMARC). Per un approfondimento generale sul funzionamento delle blacklist, si può fare riferimento all’articolo “Che cosa sono le blacklist email“.
Tuttavia, al di là delle blacklist pubbliche, i grandi provider come GMail e Microsoft (Outlook.com, precedentemente Hotmail) hanno sviluppato sistemi di reputazione interni estremamente sofisticati e opachi, le cui logiche vanno ben oltre il semplice controllo di una lista. La deliverability dei messaggi dipende dalla capacità di navigare con successo questi ecosistemi complessi.
Il sistema di reputazione di GMail: oltre il filtro spam
GMail ha costruito un meccanismo di filtraggio che si avvicina più a un’intelligenza artificiale adattiva che a un semplice set di regole. Il suo funzionamento si basa su un “reputation score” dinamico assegnato a ogni mittente, influenzato da una moltitudine di segnali.
Un fattore determinante è l’engagement degli utenti. Il sistema di GMail non valuta solo se un’email viene segnalata come spam; analizza minuziosamente il comportamento implicito dei suoi utenti. Quando un messaggio viene aperto rapidamente, risposto, spostato in una cartella personalizzata o contrassegnato con una stella, questi azioni vengono interpretate come segnali positivi di rilevanza. Al contrario, la cancellazione immediata senza apertura, o peggio, l’apertura seguita da una cancellazione in pochi secondi, sono forti indicatori di insoddisfazione.
Un volume elevato di queste interazioni negative declassa la reputazione del mittente, portando i suoi messaggi a essere progressivamente relegati nella scheda “Promozioni” o, in casi estremi, filtrati direttamente nello spam senza che l’utente lo veda.
La coerenza dell’invio è un altro pilastro. GMail preferisce mittenti prevedibili. Un improvviso picco di volume di invio, specialmente da un IP precedentemente inattivo, viene visto con sospetto e può innescare un esame più rigoroso. Analogamente, lunghi periodi di inattività seguito da una ripresa aggressiva degli invii destabilizzano il modello comportamentale che GMail ha costruito per quel mittente.
Anche la pulizia della lista è critica. Un tasso elevato di indirizzi inesistenti (hard bounce) su GMail è un segnale di scarsa cura della lista e di potenziale acquisizione di indirizzi in modo non trasparente. GMail interpreta questi errori di consegna come un indicatore di pratiche di invio di bassa qualità.
Come rimuovere il proprio account dalla blacklist di GMail
Per la rimozione dalla blacklist di GMail (delist GMail) basta compilare questo form inserendo tutti i dati richiesti.
Nella prima parte del modulo vengono chiesti i dati del mittente e la motivazione del problema verso GMail
Andando avanti richiede maggiori dettagli tecnici in merito all’errore come la sintesi del problema, la descrizione dettagliata (indicando cosa succede e le azioni eseguite) e l’header completo della mail che finisce in spam
Una volta colpilato tutto si può cliccare su “invia” per concludere. Il tempo di risoluzione del problema varia da qualche ora fino a 2 settimane.
La severità di Microsoft Outlook: soglie e reclami diretti
La piattaforma di Microsoft (Outlook.com, Live.com, Hotmail) è storicamente nota per un approccio più binario e basato su soglie rigide. Il suo sistema, Smart Screen, si basa su reteneurali addestrate su un’enorme mole di dati, ma la sua reattività ai feedback espliciti degli utenti è particolarmente accentuata.
Il reclamo diretto, ovvero l’utente che preme il pulsante “Segnala come posta indesiderata”, ha un peso decisivo. Mentre GMail può tollerare una bassa percentuale di reclami analizzandola nel contesto di un engagement positivo generale, Outlook tende a essere meno indulgente. Una percentuale di reclami anche solo dello 0,1% può essere sufficiente a far scattare un filtraggio automatico e duraturo per tutti i messaggi provenienti da quel mittente.
Per questo, la pertinenza del contenuto e la chiarezza del processo di consenso per l’iscrizione sono assolutamente non negoziabili per questo provider.
La coerenza infrastrutturale è un altro aspetto tecnico cruciale per Outlook. Microsoft pone una forte enfasi sulla corretta configurazione del record DNS inverso (rDNS o PTR) per l’indirizzo IP di invio. Questo record deve risolversi in un nome di host che corrisponda logicamente al dominio del mittente. Un record rDNS mancante, mal configurato o generico (ad esempio, un IP che risolve a un nome di provider di hosting non associato al dominio di invio) è una delle cause più comuni di problemi di recapito su questa piattaforma, anche per mittenti altrimenti legittimi.
Inoltre, Outlook è particolarmente sensibile alla “freschezza” degli indirizzi email. L’invio ripetuto a caselle di posta inattive da anni, che su altri provider potrebbero generare semplicemente un hard bounce, su Outlook contribuisce significativamente al degrado della reputazione del mittente. La loro tolleranza verso questo tipo di negligenza è molto bassa.
Mentre le blacklist pubbliche rimangono un rischio da monitorare, la sfida principale per un esperto di email marketing si gioca sulla capacità di costruire e mantenere una reputazione positiva all’interno dei sistemi proprietari di GMail e Outlook. Ciò richiede una strategia olistica che combini infrastruttura tecnica impeccabile, gestione meticolosa della lista dei contatti e, soprattutto, la creazione di contenuti così rilevanti da generare un engagement autentico e positivo, che i sistemi di intelligenza artificiale dei provider riconoscano e premino.
Come rimuovere il proprio account dalla blacklist di Office365
Per rimuovere un account email dalla blacklist di Office365 bisogna andare su questo link . Nota importante: Office365 permette la rimozione anche se realmente non si è in blacklist quindi bisogna valutare in base ai messaggi d’errore.
Si aprirà questa schermata dove andrà inserita la mail richiedente e l’IP da sbloccare
Dopo aver fatto submit verrà mostrato un messaggio dove viene indicato che bisogna confermare sulla mail
Si riceverà quindi una mail simile a questa
Cliccando sul link si riceverà una richiesta di questo tipo dove basterà poi cliccare su “Delist IP”
Verrà quindi dato il responso
Come rimuovere il proprio account dalla blacklist di Outlook
Contrariamente a quello che si possa pensare la blacklist di Office365 e di Outlook sono differenti. Premessa importante: per fare richiesta bisogna loggare con il proprio account hotmail/outlook/live. Il form da utilizzare è questo.
Dopo il login la schermata sarà la seguente
Nella prima parte vanno inseriti l’oggetto del contatto, il nominativo del titolare che contatta e verso quale email si stanno ricevendo problemi (anche se questo dato sembra puramente statistico)
nella parte subito sotto si devono compilare i campi relativi il sender (quindi la mail), il timezone e il dominio da cui si invia (proprio o del cliente)
la scelta del timezone è fatto sppositamente per evitare che i messaggi siano bloccati proprio a causa di questo
Nella parte successiva si deve selezionare il “titolo” a cui si sta scrivendo ovvero come ci si definisce, se ISP (vale anche per gli ASP), ESP ecc. Bisogna selezionare quello più adatto. Se si è utente finale bisogna scegliere “Other”.
dopo bisogna inserire l’IP, gli IP o il range di IP che risultano avere problemi e bisogna indicare che tipologia di servizio viene utilizzato (dedicato, condiviso o un semplice “non so”)
nell’ultima parte vanno inseriti il messaggio d’errore e l’url del proprio sito web
Una volta compilato tutto si riceverà un messaggio di conferma.
Dopo il check automatico se non viene rilevato nulla si ottiene un messaggio come questo
La deliverability: autenticazione, infrastruttura e monitoraggio
La gestione efficace della deliverability delle email si basa sulla sinergia di tre pilastri fondamentali: l’autenticazione robusta del dominio, la scelta e la gestione di un’infrastruttura di invio solida, e il monitoraggio continuo e proattivo dei risultati. Trascurare anche solo uno di questi aspetti mina la stabilità dell’intero sistema.
L’autenticazione come fondamento: oltre SPF e DKIM
I protocolli SPF e DKIM rappresentano la base, ma è il protocollo DMARC (Domain-based Message Authentication, Reporting, and Conformance) a fornire il quadro di controllo completo. Mentre i primi due autenticano il messaggio, DMARC definisce una politica chiara per i server riceventi su come gestire i messaggi che falliscono queste verifiche.
La sua implementazione non è meramente una questione di sicurezza, ma uno strumento diagnostico fondamentale. Attivando DMARC in modalità di monitoraggio (“p=none”), si iniziano a ricevere report aggregati che forniscono una mappa completa di tutti i tentativi di invio effettuati a nome del proprio dominio.
Questa visibilità è illuminante, poiché permette di identificare non solo i canali di invio legittimi ma anche eventuali attività di spoofing o phishing. Questa chiarezza è il prerequisito per poter attuare policy più restrittive (“p=quarantine” o “p=reject”), segnalando ai provider che si è seriamente intenzionati a proteggere il proprio dominio e i propri destinatari.
L’infrastruttura di invio: Relay e strategie di reputazione
Una volta stabilita l’identità del dominio attraverso DMARC, la scelta dell’infrastruttura di invio diventa critica. In questo contesto, il concetto di “relay” autenticato emerge come una scelta architetturale sofisticata. Inviare email direttamente da un’applicazione o da un server interno è spesso una ricetta per scarsi risultati, in quanto questi sistemi non sono progettati per costruire e mantenere una reputazione positiva degli IP. L’utilizzo di un relay SMTP specializzato, che agisca da “postino professionista”, delega la complessità della consegna a un sistema ottimizzato per questo scopo. Questi relay, siano essi servizi cloud (ESPs) o server aziendali dedicati (smart host), sono configurati per applicare in modo coerente i protocolli di autenticazione e per gestire le code e i ritentativi di consegna.
Tuttavia, l’adozione di un nuovo relay, specialmente con un IP dedicato, introduce la necessità di una “strategia di warm-up”. I provider di posta trattano i nuovi IP come entità sconosciute e potenzialmente pericolose. Inondare la rete con un alto volume di messaggi da un IP “freddo” è un segnale quasi certo di spam. Il warm-up è quindi un processo pedagogico: si inizia con volumi bassi e crescenti nell’arco di diverse settimane, per “insegnare” ai filtri antispam che l’IP è utilizzato da un mittente legittimo e rispettoso delle dinamiche di rete. Questo processo costruisce una reputazione organica e sostenibile.
Il monitoraggio orofondo: oltre le dashboard
Il terzo pilastro risiede nell’analisi dei dati. Mentre le dashboard delle piattaforme di invio forniscono metriche di engagement, l’analisi dei log di consegna del server offre un livello di dettaglio diagnostico insostituibile. Questi log contengono i codici di risposta SMTP grezzi forniti dai server dei provider destinatari.
Codici come “421”, “450” o “421” spesso indicano rifiuti temporanei legati a limiti di velocità (rate limiting) o a problemi nascenti di reputazione. Interpretare questi codici permette di identificare un problema con un provider specifico ancor prima che si traduca in un calo misurabile dei tassi di apertura o in un inserimento in blacklist.
Allo stesso modo, i report DMARC forniscono il “quadro elettrico” di ciò che accade a livello di dominio, mentre i log del relay forniscono il “dettaglio operativo” a livello di IP. Incrociare queste fonti di dati permette di passare da una gestione reattiva a una proattiva, anticipando e risolvendo problemi che altrimenti rimarrebbero invisibili fino a quando non causano un blocco totale.
La deliverability non è un’arte oscura, ma una disciplina tecnica. È il risultato di un approccio sistemico che allinea l’identità digitale (DMARC), l’infrastruttura fisica (relay e warm-up) e l’intelligenza operativa (analisi dei log) per costruire una reputazione di mittente non solo affidabile, ma anche trasparente e riconoscibile dai sistemi di intelligenza artificiale che governano la posta in arrivo moderne.
La chiave di tutto è saper leggere l’errore, interpretarlo (a volte basta una semplice traduzione) e porvi rimedio.